mercoledì 25 maggio 2011

Quanto c'hai de ram? Ovvero: perché serve un Assessorato all'Innovazione Amministrativa

Da un incontro con Stefano Bonaga, Maurizio Matteuzzi e Laura Sartori


Spendere del tempo, spendere parole e ragionamenti su quanto sia indispensabile un'innovazione tecnologica nella Bologna del XXI secolo, sembra essere rimasto l'unico orizzonte praticabile, a valle di una decennale politica locale, cieca e incoscientemente retro, rispetto alla contemporaneità di un mondo che viaggia su binari ormai impraticabili a tale concezione di amministrazione della civitas.
Bologna 1993, due professori universitari Maurizio Mateuzzi (filosofia del linguaggio) e Stefano Bonaga (antropologia filosofica), gettano le basi per una rete civica interattiva, una rete in grado di offrire servizi informativi ai cittadini, di creare un - laboratorio per la promozione della cittadinanza elettronica, per la creazione di una “intelligenza collettiva” locale,  per l’ampliamento digitale della "sfera pubblica" abitata da una  comunità aperta e interconnessa -. 
Un progetto pioniere, non solo in Italia ma a livello europeo, che si propone di sfruttare le potenzialità della società dell'informazione e della rivoluzione digitale, (che in quegli anni sono ancora in divenire), per potenziare le capacità nell'offerta di welfare, nella competizione economica d'impresa, nell'individuazione di mercati e aree di sviluppo.


Siamo nel 1995, quando Stefano Bonaga - diventato Assessore all'Innovazione Amministrativa (servizi di relazione e comunicazione con i cittadini) con la giunta Vitali -  insieme a Maurizio Matteuzzi che si occupa della parte tecnico-progettualle, riescono a finalizzare il progetto su descritto chiamandolo "Iperbole", tale progetto, diventerà il sito ufficiale del Comune di Bologna, avrà riconoscimenti di ogni tipo, nei tanti anni seguire.
Bologna 27-03-2011, il gruppo Open Bologna, lancia un appello su internet ai candidati sindaco, chiedendo impegno e sensibilità sui temi dell'e-governement e l'e-democracy, in tale appello, firmato da un centinaio di persone, si chiede chiaramente un rilancio di Bologna Città digitale, e un impegno a che vengano prese misure di collegamento diretto con il cittadino tramite l'apilicazione del nuove tecnologie.
Come, l'essere pionieri riconosciuti nel 1993, strida con l'essere inseguitori affermati nel 2011, è ormai palese ai più che abbiano una lontana concezione di cosa significhi l'applicazione e l'utilizzo del Web su tutte le sfere della vita cittadina. 
Ma cosa veramente porta alla città, l'innovazione tecnologica e la sua applicazione?
Per dare un quadro a chi non se ne intenda, basti pensare alla puntata di Report di qualche settimana fa sul fenomeno Facebook.
Il punto della puntata era la denuncia di Report sull'uso per fini commerciali di pacchetti di dati aggregati, sottratti agli ignari clienti che risultavano così spiati per fini di mercato. Il mondo intero gira oggi su codici binari, riconducibili a protocolli, ancora riportabili su fogli excel, questo vorticoso flusso di informazioni, opportunamente analizzato, aggregato, porta la fruizione media di ognuno di noi a diventare materia di mercato.
Multinazionale, ditte farmaceutiche, ma anche agenzie di spionaggio industriale, di controllo politico, si cibano quotidianamente di questi dati, pagandoli a peso d'oro, perchè in fondo valgono anche più dell'oro! Perchè offrono la capacità di capire come investire, dove investire e quando investire, con una certa sicurezza... in pratica abbassano ai minimi termini il rischio di impresa.
Già nel '93 dunque, qualcuno a Bologna aveva capito che tutti i dati in possesso dal Comune, opportunamente trattati, opportunamente divisi, inseriti e monitorati, slegati dai nomi e cognomi per questioni di privacy, potevano offrire alla cittadinanza, dal normale lavoratore all'imprenditore, un potenziale sia esso ecnomico-imprenditoriale, di sviluppo in materia di statistiche e ricerca, ma soprattutto, tale potenziale, integrato con una comunicazione interattiva bidirezionale, poteva offrire servizi al cittadino e a dimensione del cittadino,  poteva offrire welfare dove e come serviva, senza dispersione.
Nel '97  Bonaga si rende conto che Iperbole ha enormi possibilità di sviluppo, che necessitano però di una rete infrastrutturale, e propone un progetto di potenziamento del sistema  tramite le fibbre ottiche, tale progetto si chiama OPTUBI e prevede un cablaggio per la città, di modo da poter accellerare la diffusione dei dati, e rendere più veloce, efficiente e multimediale la fruizione, che in quegli anni è lenta e quindi inefficace. Bologna si presta ad essere cablata, in quanto piena di condotti sotterranei, e dopo il riconoscimento avuto con Iperbole, molti sono gli investitori anche stranieri, disposti a finanziare  il progetto. 
Ma è a questo punto che nel discorso, salta fuori la parola Sarchiapone (Walter Chiari)... indicativo della vuota spocchia, di chi parla con articolata saccenteria di cose che non conosce. La politica locale di quegli anni, che sembrava aver capito l'importanza del nuovo mezzo, e il valore dell'università nel poterlo progettare e renderlo fruibile, utile, concorrenziale, riesce a fare un colpo di scena... dopo aver creato Iperbole, blocca i lavori,.. quei lavori oggi ancora fermi.
Il Progetto Tube, non viene realizzato perchè non c'era un funzionario che si sia preso la briga di firmarlo... (almeno così sembra), lo stesso progetto, verrà realizzato negli anni a venire da altre città italiane, che in pochi anni si ripagheranno le spese dell'investimento, e che ora sono più efficienti di Bologna sotto l'aspetto di città digitale.
L'Assessorato all'Innovazione Amministrativa, una delle traduzioni potrebbe essere "svecchiamento della burocrazia"  sparisce dal panorama della giunta con Guazzazloca, che esternalizza Iperbole ad Hera, e annulla di fatto il lavoro fatto in passato, Cofferati non fa altro che non far niente in merito, e così via, arriviamo ad oggi. Con una campagna elettorale trasversale bipartisan, che ha parlato di città digitale... parole spese che a questo punto ritroveranno uno sfogo...? 
Quello che lascia basiti, e che non dà adito a positivismi di sorta, è che, nella totale assurda messa in scena decennale della politica bolognese, si possono più volte ammirare mattatori da campagna elettorale, che con l'innovazione tecnologica, ci sono andati a nozze, avanguardisti e lungimiranti nel saper dare direttive della città del futuro. Non vi è stata però dal dopo Vitali in poi, alcuna amministrazione, che abbia, pensato al buon Assessorato all'Innovazione Amministrativa, tutti, chi più chi meno hanno parlato di fibra ottica, di città cablata, città smart, tra seminari e studi urbanistici, tra Jeremy Rifkin e il Future Film Festival... ma ad oggi... oi-bò Bologna è drammaticamente indietro. E così se quando l'Almamater è inserita nella classifica  a centinaia di posizioni dal MIT (Massachusetts Institute Technology), o da Stanford, bè forse potremmo spiegarci il perchè. Perché Iperbole non diventa un laboratorio universitario sulla città digitale con dottorati di ricerca, e corsi specifici nella Facoltà di Scienze della Comunicazione più importante d'Italia, quella di Umberto Eco? Perchè sono sempre perennemente tutti a decantare il potenziale della ricerca e dell'università, e poi si verificano tali retrogradi scenari? Mentre scrivo, le azioni di Linkedin entrate per la prima volta stamane in borsa negli Usa, hanno triplicato il loro valore in solo 8 ore, da 47$ sono circa a 121$. Il mondo gira più veloce della stretta di mano di un politico, la globalizzazione che ci vede ohimè ormai tutti compromessi, gira su canali virtuali ogni giorno, le banche sono digitali, il traiding è digitale, gli hedge-fund sono digitali, le piazze sono digitali, il futuro della gestione dell'energia è digitale, l'informazione è digitale, e... basta guardare l'ultima campagna elettorale... la politica è digitale.
Quando ho incontrato Bonaga, disperato, mi ha detto che il problema, non è stato di malafede, di intrecci politici o chissà quali interessi, semplicemente si trattava di ingenuità, di non conoscenza del mezzo e delle sue potenzialità, si trattava, e si tratta ancora del riempirsi la bocca di cose di cui non si ha neanche una lontana idea... il Sarchiapone appunto. Un pò come quei tizi divertenti, che passano le giornate a parlare dei processori, della scheda madre, della ram, della scheda video, magari sognando un PC (che io detesto) super veloce, super costoso, che poi gli servirà solo per scrivere con Word. Il - quanto c'hai de ram - della pubblicità del Campari... e con questa visione che la maggior parte dei politici parla di fibra ottica e di città digitale, pensando all' hardware senza avere una lontana idea di gestione del software, senza capirne potenzialità e contenuti. Chi invece - e ce ne sono tanti - saprebbe esattamente cosa fare e come farlo, chi potrebbe dare sfogo alla ricerca, alla conoscenza, proprio come era stato fatto nel lontano '93, non ha la possibilità politica di intervento.
 D'altronde questo è il paese che ha venduto l'Olivetti (molto più competitiva dell'IBM negli anni '50-'60) alla General Elettric, che presi i brevetti e ciò che gli interessava, l'ha fatta sfumare nel nulla.


Maurizio Tarantino