martedì 3 maggio 2011

Limiti delle politiche culturali bolognesi

Nella serata del 2 maggio alle scuderie, "Con la cultura si mangia", incontro tra

il gruppo dei Docenti Preoccupati 
il gruppo dei Bibliotecari Necessari
il gruppo SiamoCultura Bologna
Associazione Elefant produzioni cinematografiche indipendenti
Associazione documentaristi Emilia Romagna
Associazione Via dei Poeti
Associazione PopoloTrasparente Teatro Comunale 
Associazione Shape
Ricercatori Precari 
Associazione Xing
Bartleby




Relatori: Alberto Ronchi - Beppe Fiorelli


 è emerso con una certa approssimazione, il senso di smarrimento che le politiche culturali bolognesi stanno vivendo, e hanno vissuto negli ultimi anni.
Diversi sono gli incontri a cui ho partecipato , soprattutto in questi travagliati periodi di campagna elettorale, ormai non ci si stupisce più di niente, alcuni incontri da politici per politici, mi hanno abbastanza infastidito, altri seminari con diversi relatori e meno di dieci persone tra il pubblico, mi hanno un pò depresso, ancora, altri in pompa magna spinti da forti sigle e portati in grosse sedi istituzionali, (vedi incontri con i candidati sindaci al Comunale, organizzato da Cisl Uil Fials) erano più di paradossali conferenze stampa con un pubblico fatto di pochi accompagnatori, diversi giornalisti e pochi sindacalisti. La cultura bolognese, sembra barcamenarsi tra un'auto-referenzialità congelata, e un forte desiderio di rivendicazione in area underground avanguardista, che però stenta a trovare spinta, rappresentanza, coraggio e - diciamolo pure - identità!
I termini più gettonati nella kafkiana serata di ieri, sono stati... partecipazione.... partecipazione... partecipazione... indirizzi... indirizzi.. indirizzi... Il termine produzione più volte ha provato a entrare e farsi spazio (anche perché sostenuto dal sottoscritto, che ha organizzato l'incontro), ma è stato in qualche modo, sbiadito, sfumato, dato per scontato.
A qualcuno ha dato addirittura fastidio sentirsi dire che Bologna è un Museo, e che a Bologna non si produce Cultura.... Perché, è vero! Di cultura se ne produce anche troppa, ma i margini dell'utilità sociale della cultura prodotta, il tema dell'auto-referenzilità di ristretti gruppi artistici che fanno per loro e per i pochi che apprezzano e rilanciano, ricorda un pò i politici che parlano ai politici. Non sì è lì per ascoltare, per capire le altrui posizioni, si ascolta infatti con insofferenza, perché in fondo ciò che importa è il momento in cui parlerai Tu!
La cultura prodotta a Bologna, non raggiunge mai il Main Streem invocato e snobbato allo stesso tempo, ma si mantiene a un livello indipendente, con una spinta propulsiva che gli garantisce una tiratura limitata, per ragioni sia economiche di produzione, sia politiche di distribuzione e di incentivo, sia fondamentalmente artistiche di scelte alte, complesse, e interdette ai più.
Mettendo per inciso il fatto che la ricerca nel teatro, nella musica, nell'arte è indispensabile e va sostenuta,    esattamente come già si sta facendo e magari, come è stato detto, gli va dato un riconoscimento formale. Resta il fatto che alcuni segmenti importanti della produzione culturale bolognese sono del tutto inesistenti, stanno sparendo, o quando ci sono, sono di scarso spessore.
Nel merito sto parlando di Prosa, Danza, Cinema.
Quella Prosa che può avere una fruizione di un pubblico medio e che era del Duse, quel cinema che può avere una diffusione d'essai- ma anche popolare (Diritti per esempio), quella Danza che riempie la platea del Comunale di Ferrara.
Perché tutto ciò manca a Bologna, perché non siamo abbastanza lucidi per coglierne l'assenza?
La risposta non c'è stata.
L'impressione che in ambito culturale, ognuno abbia la sua contea da difendere, era palpabile nella serata di ieri, e forse l'unico intervento disposto a rimettere in discussione il proprio ruolo, è stato quello sul Comunale, che ha una vitale esigenza di aprirsi a realtà culturali della città che lo possano rilanciare. La famigerata rete di associazioni, manca a mio avviso di fondamenta, troppo complesso cercare un minimo comun-denominatore e inoltre creare soggetti univoci e omni-comprensivi, sarebbe lesivo alla diversità e al pluralismo che sono la ricchezza della città e inoltre creerebbe egemonia, più di quella che c'è già. Questa complessità è emersa, con anche la competizione esistente tra gruppi e associazioni che operano nello stesso segmento o in segmenti vicini, tutto ciò ha creato alcuni momenti di confusione, altri di condivisione, altri ancora di dibattito acceso, tutto però ruotava sul fatto che in ambito culturale l'amministrazione comunale è una grande mamma per tutti, e che tutti vogliono la loro dose di "partecipazione".
Il punto è che come ha detto anche Alberto Ronchi, noi noi non dobbiamo scegliere gli artisti...  gli artisti gli sceglie il pubblico.
Io aggiungo che però la politica deve riconoscere gli artisti, deve riconoscere i movimenti culturali virtuosi, deve, non per forza sovvenzionarli, ma dargli gli spazi di espressione, garantirgli la possibilità distributiva di raccontare il proprio tempo, chiedergli il conto in termini di quantità e qualità della produzione se gli ha sostenuti economicamente, essere sempre in grado di guardare oltre l'esistente e di capire il nuovo,    evitare le dinamiche stantie e clientelari che anche in questi ambiti si insediano, in una parola: fare politica culturale.
Finora le amministrazioni hanno solo tagliato le gambe a quello che c'era di buono per la produzione culturale bolognese, paghiamo oggi lo scotto della miopia politica delle passate giunte, come le varie realtà degli anni novanta... L'Isola - il Link - il Tpo di vi Irnerio - realtà generatrici, che invece di essere prese, "riconosciute" e messe all'interno degli spazi  e delle sale adibite per lo spettacolo (che a Bologna rimangono chiuse e inaccessibili) hanno subito una delocalizzazione culturale, messi da parte isolati, repressi.

Se un gruppo organizza degli eventi partecipati che creano interesse, va riconosciuto e sostenuto, se un'altro gruppo fa la stessa cosa, bisogna fare così anche con questo, ma, cosa più importante, se ci sono troppi gruppi che organizzano festival, rassegne, mostre, serate, ma nessuno di questi porta in campo produzione, una produzione che possa avere il livello di una città come Bologna, se rimaniamo provinciali nel dettare il nuovo, se continuiamo ad essere un museo, allora rinforziamo le teche espositive, perché prima o poi gli agenti atmosferici della modernità ci consumeranno fino a renderci ancora più provinciali.

Maurizio Tarantino

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Sul Duse: http://parola-di-cammarata.blogspot.com/2011/05/duse-cronaca-di-una-morte-annunciata.html