sabato 8 febbraio 2014

la Casa al tempo della crisi. tra politica ed economia. Ovvero genealogia di un dinosauro


La crisi abitativa, rappresenta oggi un problema di primaria importanza in tutte le principali città italiane. La caratterizzazione più sconvolgente della città contemporanea e postindustriale  è l'isolamento, che assume sempre maggiormente i tratti di una città individualista e frammentata, in cui il tessuto sociale é tenuto coeso sempre più dall'attività lavorativa e sempre meno dalla condivisione sociale, tale fenomeno è manifesto soprattutto nelle grandi città,  a Bologna i nuclei mono-familiari, ovvero famiglie composte da una sola persona, sono il 47,2% del totale circa 91.400, quelle composte da due persone sono il 28,3% del totale, circa 54.900, la realtà che ci restituiscono questi dati, é una frammentazione del nucleo famigliare inteso in senso classico, la famiglia in grado di creare gruppo di appartenenza e rete sociale di protezione in caso di criticità economiche si sta estinguendo.
Pertanto, il disagio sociale può assumere in breve tempo e in maniera incontrollabile, i caratteri di emergenza assoluta, per le città, ove vi fosse una indefinita prosecuzione o acutizzazione del periodo di crisi. C'è dunque un evidente problema sulla tenuta sociale della classe media, l'unica e ultima fascia di popolazione in grado di garantire reddito, la percentuale di persone in età lavorativa è sempre più ristretto, sacrificata e in difetto all'invecchiamento della popolazione - Bologna conta 35.000 cittadini sopra i 79 anni - e dell'entrata ritardata nel mercato del lavoro degli under 30 - di questi infatti solo il 3,8% riesce a fare una dichiarazione dei redditi -. 
Va da se che in questo contesto, il diritto all'abitare assume un importanza strategica per le più elementari condizioni di sopravvivenza di una società civile, pertanto, il bene casa, andrebbe garantito il più possibile anche ed eventualmente cercando un sostegno legislativo in grado di creare le condizioni a che il disagio sociale non sfoci in emergenza tout court.

Guardandola da un'altra prospettiva, l'edilizia e il mercato immobiliare in genere stanno affrontando e continueranno ad affrontare una delle peggiori crisi della storia moderna, in effetti, a guadarsi indietro ci si accorge che molte - se non tutte - le crisi finanziarie che hanno avuto effetti catastrofici per l'economia reale, sono partite da una bolla immobiliare. Quella attuale però é molto incisiva e rappresenta una delle più profonde crisi del settore a cui si é storicamente assistito.
 La Spagna, oggi a 6 anni di distanza dallo scoppio della crisi, conta circa 1.000.000 di appartamenti invenduti, e rappresenta l'emblema della speculazione immobiliare europea,  città come Barcellona Bilbao e Madrid, dalla fine degli anni '90 al 2007, hanno avuto un restyling totale, affidato a molti e noti archiatra, che hanno costruito molto con le più moderne tecnologie. Barcellona è stata per anni meta di laureti in architettura provenienti da ogni parte d'Europa, oggi la stragrande maggioranza dei neo-architetti, non lavora più da anni, costretti a contratti da miseria, o a darsi ad altro. A Madrid personaggi di spicco come il presidente del Real Madrid, hanno pesantemente adottato strategie aggressive sul mercato dell'immobiliare, contribuendo a metter in ginocchio il paese, intere cittadine spagnole sono ad oggi invendute.
 In Irlanda dopo le mirabolanti performance del settore immobiliare ai tempi della "tigre celtica" dal 2007 ad oggi i prezzi delle case sono crollati del 63%, ciononostante vi sono ancora circa 230.000 invenduti su un popolazione di 4,6 mlm di abitanti.
Anche in Italia i numeri non sono molto rassicuranti, dal 2000 al 2007 si sono costruite circa 200 mla case all'anno, circa 1,2 mlm in pochi anni, di queste si calcola che almeno 820 mla non sarebbero state costruite senza l'input della speculazione finanziaria, il mercato dell'immobiliare ha proceduto con un incremento netto del 10% sul valore degli immobili ogni anno inesorabilmente, per effetto dinamiche speculative inoltre, la superficie media delle case, é scesa da 85 mq a 70 mq per appartamento, in pratica nonostante l'aumento del 100% in dieci anni delle case, gli appartamenti erano sempre più piccoli. Le città italiane, oggi sono disseminate di appartamenti invenduti, in alcuni comuni di cintura, vi sono vero e prorpri palazzi vuoti, Milano ne è l'emblema, anche Bologna però non sfigura.

Risulta che gli appartamenti invenduti o sfitti nel capoluogo emiliano siano circa 21.000, questo a fronte di una città che ne conta in tutto poco meno di 200.000, circa il 10%,  nonostante queste cifre, una sterminata graduatoria di famiglie chiede accesso ad alloggi popolari, e non ha accesso al bene casa, la situazione paradossale, è poi drammatizzata da eventi successi in questi anni in cui si é assistito a veri e propri default di comunità, come quello della Copalc, cooperativa bianca operante nel settore dell'immobiliare a Bologna, che con il suo fallimento, ha lasciato sul lastrico e senza casa centinaia di famiglie bolognesi, che avevano già pagato la costruzione e del proprio appartamento, in alcuni casi sono stat sfrattati dalle loro case, dopo averle pagate.
Copalc fallisce nel 2013 con circa 100 mln € di debiti, le centinaia di famiglie degli appartamenti Copalc, non sono riusciate a rogitare e diventare così proprietarie a tutti gli effetti degli appartamenti già acquistati, oggi su quegli appartamenti ricade l'ipoteca bancaria, che rischia di mettere all'asta tutti gli appartamenti non rogitati dell'ex Coopeartiva. Altre situazioni di questo tipo sono accadute nel bolognese, sopratutto nei comuni di prima cintura, i così detti comuni satelliti che nel primo decennio del 2000 hanno visto crescere esponenzialmente gli insediamenti abitativi, e i prezzi delle case, Castenaso, Casalecchio, San Lazzaro, Zola Predosa, non esistono dati certi sul totale degli invenduti in queste zone, certo è che in molti casi si continua a costruire, in maniera folle e suicida, è il caso di San Lazzaro, dove insediamenti pede collinari sono previsti per centinai a di appartamenti, senza sapere chi e in che misura ci andrà a vivere. Molte sono le imprese costrette alla chiusura, gli studi architettonici,le ditte di costruzione, il rapporto Bankitalia di qualche mese fa, diceva chiaramente che i principali insolventi nei confronti delle banche sono i costruttori.

Il rapporto tra costruttori e banche é il vero nodo del problema. Molti degli invenduti, sono stati costruiti grazie a onerosi finanziamenti che i costruttori hanno avuto dalle banche,  un rischio d'impresa rimasto insoluto visto che poi migliaia di appartamenti non sono stati venduti, e milioni di crediti verso le banche non onorati, tali crediti attualmente sono messi a garanzie di patrimonializzazini degli istituti bancari, il più delle volte con valutazioni fittizie in quanto i prezzi degli appartamenti sono condsiderati spesso sopravvalutati tenendo conto dei prezzi per crisi. 

Risulta chiaro che le banche hanno patrimoni vacillanti, pochi giorni fa BankItalia con il Decreto IMU-BankItalia,  è stata patrimonializzata con 7,5 mld € patrimonio, questi soldi appariranno ripartiti nei bilanci delle banche italiane private che ne detengono le quote...  perché credete che sia stata fatta questa patrimonializzazione? forse perché i patrimoni di Unicredit Banca Intesa e Monte dei Paschi e giù a scendere, sono vacillanti?

La problematica su esposta crea un blocco del sistema, se una banca dovesse ammettere una radicale perdita in conto economico, su una svalutazione del patrimonio, la cosa potrebbe creare grossi problemi all'affidabilità stessa della banca, per questo principale motivo, gli invenduti rimangono tali, e i prezzi subiscono cali seppur considerevoli, ma sempre e comunque piuttosto contenuti. Rispetto al 2007 il mercato immobiliare italiano é sceso sul residenziale del 22% una riduzione contenuta rispetto alla media europea del 36%, o a quella spagnola del 48%. Gli studi di settore, dicono che i prezzi dovrebbero calare ulteriormente per sperare di incontrare una domanda presente, soprattutto nelle fascie giovani della popolazione, che ad oggi non hanno speranza di trovare accesso al bene casa, a queste condizioni,  e che acquisterebbero solo appartamenti a prezzi low cost.
  
Mentre il problema legato alle liste d'attesa si fa sempre più stringente, gli sfratti permalosità sono aumentanti del 100% in un anno, a motivo della perdita di lavoro e di reddito da parte di molti,  e dunque dell'insolvenza graduale delle famiglie, che lentamente esauriscono i risparmi di una vita, o che arrivano alla fine del ciclo di cassa integrazione.
Aumentano dunque gli invenduti, e aumentano paradossalmente le persone che chiedono accesso alla casa. 
La casa popolare ERP, è gestita in Emilia dalla IACP Acer, a Bologna nel 2012 erano circa 10.600 le famiglie in lista d'attesa, oggi sembra siano diminuite, ma il patrimonio pubblico a disposizione per le fasce basse della popolazione è totalmente inadeguato, difatti, non supera il 5% della disponibilità abitativa della città, ci sono infatti circa 12.600 appartamenti popolari di cui solo un piccolo numero - circa 400 all'anno - si libera di modo da poter essere assegnato a nuovi destinatari. 
Resta dunque l'esigenza di svariate migliaia di persone che chiedono l'accesso al bene casa. Di contro la legge regionale 24  che regola le IACP risulta avere delle lacune anche sulle soglie di decadenza per il diritto alla casa popolare, tali soglie sono ritenute molto alte stiamo parlando di dichiarazioni ISEE superiori ai 50.000 €,  inoltre dai controlli Acer, le dichiarazioni ISEE difformi sono risultate innumerevoli, pertanto si stanno cercando soluzioni, per risolvere il problema. La strategia usata dovrebbe essere l'affiancamento dell'ERP Edilizia Residenziale Pubblica al Social Housing o Ediliza Residenziale Sociale, come abbiamo visto dai dati assunti ad oggi, risulta che molte famiglie che risiedono in immobili popolari da molti anni, hanno una fascia di reddito piuttosto alta, vi è però un forte impedimento a che queste famiglie possano trovare sistemazione in appartamenti di locazione in libero mercato e liberare così preziosi posti per le migliaia di famiglia in attesa di sistemazione, per questo si cerca di offrire alle famiglie che se lo potrebbero permettere delle condizioni agiate, per incentivarle ad uscire, da qui il Social Housing.

Il social Housing ha bisogno di condizioni minime da rispettare è difatti molto facile, che questi esperimenti si trasformino in nuovi invenduti, la prima condizione e che ci sia la domanda, come per esempio le liste di attesa Acer, la seconda che il ciclo del progetto sia sostenibile in termini di costi di costruzione e di tassi d'interesse. Tutto ciò è basato ancora su fondamenti molto labili, spesso scritti solo sulla carta, abbozzati nei principi, e indefiniti nelle linee guida di sostenibilità economica e sociale, per questo bisogna trattarli con la massima attenzione. Sul tema, esistono alcune sperimentazioni in città che potrebbero a breve vedere applicazione. La nuova Bolognina, ex mercato Fioravanti in fronte alla nuova Stazione e al nuovo Comune, dovrebbe nei prossimi anni assumere un assetto strategico in questo senso. Sembra infatti che dopo una lunga fase di stallo dovuto a un blocco del progetto su una vertenza tra il Comune e la società che avrebbe dovuto costruire già da diverso anni or sono il progetto del Naville, lo sviluppo della zona possa trovare a breve applicazione. La zona é indubbiamente da riqualificare, salendo agli ultimi piani del nuovo palazzo del comune di Bologna, di via Liber Paradisus, -  in un avveneristico palazzo di vetro costruito a firma dell'architetto Mario Cucinella - , il colpo d'occhio é desolante, come pensare ad una città immaginifica, che nel 2005 si vedeva come la Barcellona di cui sopra, e che invece si é svegliata nel bel mezzo di un sogno, per ritrovarsi scioccata nella realtà della crisi, lì al 12° piano della torre, si scorge ai piedi schiacciata la nuova Stazione Ferroviaria dell'Alta Velocità, è un cantiere ancora aperto, che dal 5 piano sottoterra e per lunghi chillometri in lunghezza fa transitare nel buio la gran parte del traffico nazionale dell'alta velocità, questo lascia gli 11 binari della vecchia Stazione semi deserti, senza una chiara idea di quel che sarà in futuro, vieppiù che tutta la parte superiore della stazione anch'essa basata su un avveneristico progetto di arcate in acciaio e spazi commerciali ecc. ecc. ad oggi è in fase di incerta realizzazione finale, mancherebbe la copertura economica per finirla, finito é invece l'enorme torione del parcheggio a pagamento degli uffici del nuovo palazzo del Comune, opera necessaria? Affatto!  Perché per quanto il caro Cucinella abbia da spendersi sull'architettura sostenibile, non si spiega il come mai della scelta dell'enorme parcheggio torroidale, nonostante sull'altro fianco del Comune, l'enorme distesa delle tettoie in cemento anni '30 dell'ex mercato, giace transennata, i dipendenti del Comune mi dicono che sarebbe stato un  ottimo parcheggio, tra l'altro le tettoie lì rimarranno, perché sono vincolate dalla sovrintendenza come architettura industriale, ok, quel che fatto é fatto impariamo dal passato? chissà!  
Sempre sulla torre, volgendo lo sguardo verso al Bolognina che fu, tutto lo spazio a colpo d'occhio risulta melmoso nell'eterno dei cantieri, qui mentre la città sognava ancora nel 2008, si era pensato a un altrettanto avveneristico progetto residenziale con file di investotori disposti a sacrificarsi, per dare alla città l'immagine metropolitana di una nuova golden age, le viste 3D sono affascinanti, verde, case sporgenti , cubi e forme sublimi, come vedere un quadro di Mondrian, e un primo piano di bambini che giocano ovviamente. Oggi di tutto ciò, 7 anni dopo, si erge solo un palazzo di opinabile struttura architettonica contornato da due tre gru, che rappresenta la parte privata di costruzione a libero mercato della nuova City del Navile, il resto del progetto quello del Social Housing non è mai andato in porto per gli insostenibili costi che avrebbero presupposto un prezzo di vendita degli appartamenti a 5000 € al mq, la medio-alta borghesia che avrebbe dovuto insediarsi in quegli appartamenti, oggi non esiste più, esiste invece una variegata cittadinanza interculturale di una città post industriale, che ha rinnegato nel supermercato della Minganti l'identità operaia, della sua bolognina, oggi c'è la china town di via ferrarese, e una gran voglia di tornare a rendere popolare la new City del Naville che sarà e che così non potrà rimanere. 
Il progetto che verrà dell'ex mercato ortofrutticolo di Bologna prenderà la luce, ospitando circa 400 appartamenti non destinati alla vendita, ma solo all'affitto a canone calmierato, fatti per una cittadinanza piccolo borghese, che sta facendo i conto con l'estinzione graduale e inesorabile della classe media,  il business plain complessivo vale 70 mln€ e sono in corso varie trattative con SGR di Cassa depositi e prestiti, per reperire il capitale necessario allo start up. In questi appartamenti, si vorrebbe far transitare parte considerevole della cittadinanza che oggi occupa le case popolari e che come dicevamo supera la soglia di decadenza di diritto all'alloggio, le nuove case del Naville saranno messe al 100% in affitto a canone calmierato, a una cifra che dovrebbe aggirarsi intorno ai 7€ al mq. Non staremo in questa sede a fare considerazioni su quanto questa operazione potrà essere sostenibile, certo é che costruire su progetti vecchi di un decennio, progetti tarati su altre condizioni economiche e tecnologiche, é sicuramente triste per la Città, pensare che l'imponente e costruttivista Porta Europa affaccio a nord est della città su Via Stalingrado sede di Unipol, venne ultimata intorno al 2009 su progetto dell'84, certo non ci gratifica. Non é solo Bologna in quartese condizioni,  l'Italia intera é un dinosauro nel settore amministrativo, urbanistico, edilizio. Per rifare un nuovo progetto delle dimensioni del Naville potrebbero passare anni e dunque invece che pensare a una tipologia di appartamenti leggeri, magari più spaziosi, in classe A, antisismici, si costruirà con metodologia classica con un lungo e dipersvio ciclo dell'edilizia, con cantieri pericolosi e interminabili, ritardi varianti, per avere alla fine molte case in classe B su un progetto avveneristico e dispendioso, come la sede del Comune in fronte. Ora, lasciando da parte il progetto del Naville, che per posizione nella città ed esigenza della popolazione,  ha i termini minimi per poter essere svolto con utilità della comunità,  sappiamo bene che molti sono gli architetti, che con rassegnati ammettono che non ha più senso mettere giù neanche un mattone di nuovo costruito, altrettanti sono gli economisti che da tempo hanno disinvestito nel settore, gli unici che proprio non riescono a rassegnarsi, sono i luogotenenti della vecchia guardia della filiera produttiva dell'edilizia abituati alle rendite da sogno, anche la politica non se ne fa una ragione, è impensabile parlare di nuove costruzioni in zone dove questo non è necessario, ed usare la formula del canone calmierato, del social housing, del residenziale sociale, in luoghi dove non son previsti aumenti demografici significativi, soprattutto in luoghi periferici, che hanno esaurito la loro spinta propulsiva di accoglienza del passato, accoglienza legata alla fuga dalla città nella prima cintura in un esodo che oggi sembra esaurito, pertanto è impensabile pensare a nuovi appartamenti che vogliano essere venduti a meno che non li si venda a 1500€ al mq, non come a San Lazzaro dove la media si aggira sui 3000 € e dove forse 3000 sono gli alloggi invenduti o sfitti (siamo ironici).

Gli investimenti vanno fatti in altro modo.  Basti pensare che in Inghilterra abbattono e ricostruiscono le palazzine squallide degli anni '60 con forme e strutture moderne su prefabbricati custumizzabili in lego e fibra di lana roccia, con materiali totalmente riciclabili, costruendo come fanno a Vienna le case in fabbriche di falegnameria,  e assemblandole con cantieri di pochi mesi, il tutto per costi molo irrisori.  A Lugo è stata sperimentata questa tipologia di produzione, con una ditta bolognese, peccato che la stessa nonostante sia molto competitiva - costruisce a un costo di 
 1150€ al mq -  faccia fatica ad affermarsi e fatichi ancor più a non essere messa fuori mercato dalle lobby del mattone, e dai progettisti stessi, che non ne conoscono neanche l'esistenza. Come non conoscono l'esistenza delle ESCO e delle società finanziarie per la riqualificazione del territorio. E' proprio vero! Siamo dei Dinosauri!

Maurizio Tarantino