sabato 20 giugno 2009

Il libro



Il falo delle vanità. Tom Wolfe 1988.
Edito in Italia da Mondadori, 776 pg.

Fondatore e capostipide del new journalism, Tom Wolfe è uno degli scrittori più osannati del panorama letterario contemporaneo statunitense e non solo.
Il falo delle vanità, libro cult della letteratura contemporanea è un romanzo palpitante di ironia tragica e un affresco a tratti baroccheggiante della New York fine anni '80.
La particolarità del libro, è soprattutto nel fatto che gli eventi che simultaneamente si succedono e si intersecano, sembrano essere raccontati da un insider degli eventi, ed ancor più degli ambienti raccontati.
La contrapposizione Park Avenue- Bronx, Procura distrettuale (Gibratar) - Banca d'affari (Pierce&pierce), non si esaurisce in se stessa. I vari contesti, oltre a le spesso prolissse descrizioni fisiche, di sfarzosi arredamenti (Manhattan) e decadenti squallori (carceri del Bronx), sono squisitamente caratterizzati da informazioni che rendono più realistico il tutto, informazioni che infatti solo un insider ben documentato può dispensare. Dalla banca dei favori del sistema giudiziario newyorkese, all'organozzazione del movimento antirazzista del reverendo Bacon, alla strutturazione dei ruoli all'interno del City Ligth (testata giornalistica newyorkese), con la conseguente manipolazione della stampa nel ruolo di strumento canaglia, questa New York sembra cadere vittima di se stessa nel tentativo di emanciparsi socialmente e rendere giustizia alle minoranze etniche.
La visione d'insieme che Wolfe ci offre é di fatto scettica e intrisa di ironia tragica, sembra dire: il mondo funziona così! Non importa chi sei cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma importa cosa rappresenti in un determinato contesto.
Interessante è anche la città multietnica dello scrittore, una città storicamente spartita non solo fisicamente, ma anche socialmente con il ruolo degli ebrei, degli irlandesi, degli italiani e della gente di colore.
E ancora l'importanza accennata del protestantesimo delle grandi famiglie da Morgan a Roosvelt, o del cattolicesimo a ritmo di gospel del pragmatico reverendo Bacon. Mi viene in mente la New York raccontta in 20 secondi nel film di Spike Lee "La 25 ora".
Per quel che riguarda i personaggi, l'unica vera introspezione psicologica la si può trovare in McCoy, più scialba invece quella su Kramer o Follow.
Veramente divertente mi è sembrata invece la figura del polizziotto irlandese a muso duro.
Tecnicamente parlando preferisco il giornalismo romanzato di Truman Capote in "A sangue freddo" molto più diretto e intrigante.
Nel complesso comunque è un libro che consiglio.