sabato 9 maggio 2009

Padana liscia pianura










Molti sinistroidi delle vecche e nuove generazioni, guardano all'Emilia Romagna, come una regione "avanti" sotto l'aspetto di principi di tolleranza, apertura mentale, possibilità creative, iniziative culturali, più in generale sotto l'accezzione di "stato sociale".
E, girando per le strade emiliane, da Ferrara, a Bologna, a Modena, in parte si avverte quest'aria di perbenismo comprensivo e razionale. Qui, non tutto ma quasi, sembra funzionare come deve, i supermercati sono cooperative, gli agricoltori sono organizzati in consorzi o altre cooperative, la raccolta riciclata, il verde pubblico, l'organizzazione di eventi e di spettacoli, l'università, tutto è ben proporzionato e organizzato, sotto le protettive ali di un'economia locale gestita da mamma Carisbo o Carife o Cariparma e di altri suffissi come l' Uni: Unipol, Unibo, Unife o ancora le Coop, estenze, adriatica, costruzioni. Pianeti di un universo locale che dalle signorie rinascimentali, ai patronati clericali, entrano nella contemporaneità passando da un'improbabile socialismo represso (dal fascismo nato anch'esso in Emilia) poi sbandierato (vedi via Stalingrado a Bologna), con il più grande partito comunista d'occidente, infine trasfomato in una sorta di regionalismo cooperativo aperto alla globalizzazione. La vita scorre liscia dunque, qui ci sente protetti più che altrove, dal berlusconismo dilagante e dalla xenofobia leghista, che smania per attecchire, ma ancora (per poco) fatica.
Eppure da immigrato ormai plasmato all'emiliana quotidianità, avverto qualcosa di insano in questo perbenismo, ho come la sensazione che questo mondo perfettino, questa organizzata urbanizzazione sociale, abbia nel suo profondo una radice fortemente repressiva e occludente.
Sarà perchè ho spesso visto chiudere locali nuovi e originali che come unica pecca non erano associati all'Arci, sarà che allo stesso modo vedo solo Coop in giro e la Esselunga fa causa per concorrenza sleale, o perchè più in generale se non si entra a far parte di una ristretta cerchia di persone che da decenni impugnano le briglie delle varie città emiliane, non si è nessuno. O meglio, si è un rispettabilissimo cittadino, libero di fare e pensare, di imprendere certo, ma non di parlare fuori dal coro.
E sì ! Diciamolo pure il pluralismo, non è contemplato dalle istituzioni political correct locali.
Questi gruppi di persone, amministrano la città, decidono le direttive dell'economia, organizzano eventi culturali, decidono le linee commerciali, in una stretta interdipendenza tra politica, finanza e consigli d'amministrazione, tanto che non è raro leggere gli stessi nomi nei ruoli dirigenziali di queste istituzioni. Un consigliere comunale, o assessore, o rettore che in seguito o in contemporanea è nel consiglio d'amministrazione di Hera o di Coop adriatica, del Teatro Comunale, della Carisbo o della Carife, e magari anche del''arci. Non Faccio i nomi ma basta una piccola ricerca e li si potrà notare subito.
Più che un sistema democratico, sembra un sistema oligarchico, più che meritocratico clientelare, e non possiamo giustificarlo solo perchè in Emilia le cose funzionano.
Nessuno si lamenta più di tanto per il semplice motivo che il loro modo di sopprimere è soft del tipo:
- se hai una buona idea da proporre sei il benvenuto, ti aiuteremo a realizzarla, ma d'ora in poi avrai il nostro marchio, e, quando deciderai per tuo conto e vorrai liberarti di noi, sarai finito, almeno qui! In Emilia - .